L’idea del carnevale è nata da alcune chiacchierate con Marco, negli anni in cui ero in Italia, tra il 2008 e il 2009. Marco aveva l’abitudine di girare Milano per visitare le gallerie d’arte e spesso mi portava con lui. In quegli anni mi ripeteva di frequente la sua idea di portare un matatu (un minibus per il trasporto pubblico, spesso colorato, aerografato e pieno di musica ad alto volume n.d.r.) a Milano.

E parlando di questa idea venne fuori che in Europa, in Italia, esiste il carnevale, che è un’esplosione di fantasia, come lo sono i matatu. Marco si chiedeva che vita avrebbe preso la creatività keniana se trasposta in un contesto come quello del carnevale. Perché nel carnevale c’è sì tanta follia, ma è anche un’esplosione di vita, un’espressione della bellezza della vita.

Victor sventola la sua bandiera appena finita al Superpower-tool & Hardeware shop, Kawangware © Cherimus

Questa idea di carnevale si è accesa ancora di più l’anno scorso, camminando su Kabiria road, con Chiara. Ci siamo detti: ragazzi stiamo finendo Ciak! Kibera, la prossima sfida deve essere il carnevale! Una volta ho partecipato al carnevale di Acireale, il più bello della Sicilia, e lì si vedono bellissimi carri fatti di fiori che si muovono, fanno fuoco, fanno fumo, per quasi una settimana si vede tanto movimento. E questo mi ha fatto immaginare chissà cosa potrebbe nascere, cosa potrebbe venire fuori da un’esperienza del genere portata in un contesto africano. Io sarei curioso di vedere un carnevale a Nairobi, con l’impronta di strada, in Africa, e che prima o poi prenderà vita propria, con i suoi aspetti unici.

L’idea di realizzare il carnevale a Nairobi, e di farlo con i ragazzi di strada, è quasi geniale: dà l’opportunità di fare splendere qualcosa che ancora non si vede. Sulla strada ci sono tanti tesori nascosti che in genere non si conoscono finché non si va a toccarli: un diamante grezzo sembra una pietra da poco, però se si scava bene arriva a brillare. Se non si scava, se non si fa un passaggio del genere, non si può arrivare a capire e ad apprezzare quello che ci stiamo perdendo, come esseri umani, ignorando la vita dei ragazzi di strada. Il fatto che stiamo finalmente facendo questo carnevale a Nairobi, dopo così tanti anni, vuol dire che quell’idea era come un seme nella coscienza di molti di noi che piano piano ha fatto il suo viaggio e che ora sta crescendo.

© Kelvin/MegaLink Photography

Il carnevale ci dà l’opportunità di aprire una finestra magica. Per via delle condizioni in cui vivono, questi ragazzi non credono più di poter realizzare i propri sogni, che rimangono solo nella loro testa. Il carnevale, in realtà, è una finestra che consente al mondo e alla società di vedere questi tesori nascosti. Tutti noi di solito, quando guardiamo verso la vita di strada, vediamo solo cose negative, persone che vivono una situazione pietosa. Ma dando loro un’occasione, queste persone splendono, questi bambini riescono a fare cose che non possiamo nemmeno immaginare: il carnevale dà l’opportunità di vedere tutta questa potenzialità nella sua pienezza.

Vedo l’opportunità di dare voce a un bambino che comunica in una maniera che noi non conosciamo, e che in questo modo potremmo riuscire a capire, perché manderà un messaggio molto chiaro su quali sono i suoi sogni, su qual è la sua quotidianità, e questa quotidianità come la vive, come la apprezza, cosa sta imparando dalla sua esperienza di strada. Il carnevale ci porterà la possibilità di assaggiare sia i lati che noi riteniamo essere negativi della vita di strada, sia quelli positivi, che non conosciamo ancora. Ci darà l’opportunità di esplorare un mondo che non conosciamo tanto, ed è anche un’occasione per i bambini, per i ragazzi di strada di insegnarci le piccole cose che rendono la vita più bella e che stiamo dimenticando.

Quando ho visto le difficoltà dei primi workshop, ho pensato al bambù cinese che, per crescere, fa percorsi un po’ strani. Dal nostro punto di vista piantare il bambù cinese può sembrare una perdita di tempo, perché gli anni passano ma non si vede crescere niente e si è quasi tentati di smettere di coltivarlo. Invece quel bambù impiega cinque anni per creare una solida rete di radici. Allo stesso modo, in quei primi incontri nelle basi di strada, a volte difficili, si stava creando una rete di relazioni, si stavano gettando le fondamenta su cui costruire.

Costruire questo carnevale può essere faticoso, perché ogni gruppo di strada è diverso e vive un’esperienza completamente diversa dall’altro: a volte ci vuole più tempo per capire le dinamiche che si vivono sulla strada. Ma questo permette di entrare in relazione, di prendere confidenza con i ragazzi e così anche loro riescono a capire che sono arrivati degli amici che vogliono partecipare alla loro vita in un modo nuovo. Quando si raggiungerà l’intesa, la fiducia reciproca, a quel punto il lavoro prenderà una velocità che non possiamo immaginare perché ci si capirà di più e facilmente. Proprio come il bambù cinese, che dopo cinque anni spunta all’improvviso, cresce velocissimo e va molto in alto.

Questo carnevale si mette al servizio di qualcosa di molto prezioso, perché gioca sul piano dell’immagine che i bambini e i ragazzi di strada hanno di sé, e perché fa emergere la bellezza dall’esperienza che stanno vivendo. Tu puoi essere molto bello, però se in continuazione la società ti bombarda di messaggi negativi su di te, ti viene il dubbio che tu non sia bello per davvero. Quando, attraverso un’esperienza del genere un bambino riesce a fiorire, questo aiuta la sua autostima, rafforza l’idea che ha di se stesso: anche se sta vivendo una realtà difficile, capisce di essere speciale, di avere qualcosa di unico al mondo. Certo, farà tutto quello che potrà nell’affrontare le difficoltà di strada, ma alla fine c’è una speranza: non è tutto perduto, c’è ancora qualcosa che si può fare, e quello che sta emergendo nella preparazione di questo carnevale ne è testimone, è testimone che c’è vita, anche sulla strada.

Okada Buluma

Koinonia Community